Note Critiche

2017

Dal catalogo ARTE A PALAZZO–SELEZIONE ARTISTI

Pittura, scultura e fotografia – BOLOGNA

La parabola pittorica della pittrice Margherita Caliendo offre un tipo di visione che, in molte opere, ha offerto una melanconica trattazione della Natura, secondo una geometrizzazione delle partiture stilistiche e formali. L’astrazione si fa parallela trattazione di una idea che prende poi corpo mediante l’inclusione e l’assemblaggio di materia, così da rendere le opere della Caliendo una metafora concettuale. Il Mare Mediterraneo ed i suoi infiniti rimandi, sono stati spesso soggetto prediletto dell’artista ma senza che l’imago maris si sia fermata alla mera descrizione del dato oggettivo o retinico.

La Caliendo sembra imbrigliare attraverso fili sottili che trasversalmente prendono posto sul supporto, una più ampia corrispondenza emotiva che, d’un tratto abbandona il gesto della mimesis per perdersi all’interno di un universo sostanziato dalla materia e dall’evocazione, in un binomio che fa del pathos il suo più naturale contraltare. E’ in questa maniera che all’immagine astratta la Caliendo unisce la materia extra-pittorica che si fonde secondo istanze ontologiche complesse, frutto di una nostalgia che pare atavica e si fa varco e rimando ad un altrove non sempre riconoscibile. La prospettiva non è più quella geometrica ma si traduce in una dimensione altra, che fa dell’altrove il luogo, o meglio il non-luogo in cui trovarsi.

Il gioco di equilibri che l’artista determina, pare mirare ad un substrato inconscio che non necessita di una raffigurazione universalmente riconoscibile ma che è in grado di scavare nei più profondi abissi dell’anima, seguendo le vie di un misticismo profondo, peculiare e soggettivo, volte ad una riflessione sull’universo.

La tecnica utilizzata da Margherita Caliendo prevede l’utilizzo di differenti materiali che esulano dal mero utilizzo del colore e si affacciano alla tridimensionalità mediante l’utilizzo di fili e perle che sostano sul supporto e diventano quid di legame con il reale.

La parabola dell’artista si compone di una rappresentazione del mondo che si misura con la traduzione in un linguaggio fondato su metafore ed emblemi, non in foggia di simbolo ma nell’uso di materia pittorica ed extra tale. La sua ricerca, fondata su una profonda volontà analitica e, al contempo, riflessiva, si denota come un modo per avvicinarsi all’arte contemporanea, in modo tale da compiere un passo ontologico che non vira verso troppe complesse aree del quortidiano, ma attraversa, trasversalmente una osservazione che da soggettiva diviene universale.

Testo critico a cura dello staff della Galleria Farini

Dal catalogo della Galleria 20 – TORINO                            

La pittrice Margherita Caliendo ha iniziato il suo percorso artistico con opere figurative prediligendo il ritratto, ma dopo il Biennio di Specialistica in pittura del 2015, si è avvicinata alle ricerche contemporanee legate all’astrazione.

Oggi il suo stile guarda all’espressionismo astratto così come ad esempi di informale, in cui il colore ha un ruolo capitale. Il senso del movimento, della luce, il senso di una prospettiva ideale viene offerta dalla sequenza delle pseudo geometrie che si possono intravedere tra i fili metallici o di cotone.

Le composizioni di recente produzione, sono legate alla dimensione astratto-spirituale. Testimonianza d’amore per la vita, nascono dalla necessità interiore di equilibrio e stabilità, dove il gesto, il segno e il colore sono protagonisti. Fortemente intimistiche, affrontano la ricerca sull’animo umano e aprono un discorso coinvolgente di riflessione su di esso. In tal modo il senso di vita e di infinito viene intrappolato in queste opere e l’artista ne fa dono all’osservatore.

Testo a cura dell’Associazione Ariele

Dalla mostra INTERNATIONARTINVENICE2016 Spiriti liberi- VENEZIA

Così commenta l’artista Margherita Caliendo: “Le opere della serie MEDITERRANEO, suggestive e legate alla dimensione spirituale, attraverso il colore, costituiscono una testimonianza d’amore per la libertà e uno strumento rappresentativo di grande umanità e forza comunicativa…”.

Tali opere pongono in risalto una visione pittorica che richiama stati d’animo colmi di importanti metafore: esse paiono collegate da una rete di “soggetti astratti” unici, realizzati con una tecnica ora leggera ora più incisiva.

Dunque ogni angolo dell’opera “LA DANZA DEI DELFINI” esprime una personalità che conduce verso l’infinito, tra i colori vibranti sono presenti microcosmi che sorprendono il pubblico con naturalezza, spontaneamente. La scelta della gamma cromatica è una sorta di creazione personale dell’artista che incanta anche l’occhio più distratto.

Dr.ssa  Silvia Ferrara

Dalla mostra LOVE-San Valentino Arte 2017

Concorso Internazionale d’Arte. Museo Diocesiano- TERNI

La intesi cromatica e materica viene esaltata attraverso un contrasto compositivo tra supporto e oggetto. L’astrazione rimanda a diverse possibili letture che suscitano rimandi strutturali e naturalistici

Team commissione esaminatrice

2016

Dalla mostra ARTE A PALAZZO-NEL SEGNO DEL CONTEMPORANEO

XII Collettiva internazionale di pittura, scultura e fotografia- BOLOGNA

Madre Terra: OCEANI-COME IN UNO SPECCHIO è il titolo dell’opera astratto-informale con cui l’artista Margherita Caliendo giunge a Bologna in Galleria Farini Concept in occasione della XII Collettiva Internazionale di Pittura, scultura e fotografia- Nel segno del contemporaneo.

Ed è proprio al contemporaneo che ci si appella, chiedendosi: come è vista la Natura dall’arte dei nostri giorni? Si fa ancora ricorso alla mimesi? E’ necessario rendere ciò che ci circonda in maniera realistica? Ovviamente, da oltre un secolo, da Cezanne in avanti, il mutamento è avvenuto, lo stravolgimento ha preso forma e ha mutato il già noto, ciò che sembrava esser certo, ossia tradurre ciò che si osservava, fedelmente sulla tela, secondo parametri precisi, accademici, che da Giotto avevano trovato il proprio ruolo fondamentale nelle arti visive.

Il Novecento ha finito per stravolgere tutto, creando dei metalinguaggi completamente sconosciuti, diversi. Il metodo cartesiano che razionalizzava le funzioni retiniche e della diottrica non erano più assiomi. Egli asseriva: E’ certamente, in qual modo si debba far uso della mente apprendiamo dal semplice paragone degli occhi. Poichè chi vuol scorgere col medesimo atto intuitivo molti aspetti contemporaneamente, niente di essi vede in maniera distinta; e del pari chi con un unico atto di pensiero suole attendere a molte cose col medesimo tempo e di intelligenza confusa”. Occhio cosiddetto curioso contro occhio metodico. Certamente. Descartes non poteva immaginare cosa sarebbe accaduto dopo, quando spazio e tempo, visione reale e immaginaria, avrebbero subito dei rovesciamenti, filosofici, ontologici ed infine artistici.

La Caliendo ne offre un esempio con la sua opera , Madre Terra: Oceani-come in uno specchio, il cui titolo chiarisce il soggetto, ma che l’occhio, in special modo quello “metodico” non ritrova, non riconosce nelle partiture della tela, definita mediante geometriche sezioni di colore- alla maniera di Diebenkorn e della sua serie di opere che rappresentano le colline di Ocean Park- grado di creare la scomposizione, non già e non solo dello spazio pittorico, ma anche e soprattutto, dell’idea che ognuno di noi ha dell’oceano.

Colori, o almeno il blu della fascia centrale, sulla quale campeggia del filo metallico, illudono metaforicamente, come le increspature che la tecnica mista utilizzata dall’artista lascia emergere sulla superficie. Eppure, di quella Madre Terra evocata nel titolo, l’opera si riveste di una totalizzante aurea; non segni riconoscibili, non matrici che aprano ad un confronto diretto con il mondo sensibile, bensì, nell’evocazione concettuale, qualcosa ha la forza generatrice della Natura.

Uno stile a dir poco rappresentativo, che all’espressionismo astratto guarda, così come ad esempi di informale e in cui il colore ha un ruolo capitale. Il senso del movimento, il senso della prospettiva ideale è offerta dalla sequenza delle pseudo geometrie che si intravedono, mentre l’intuizione si avvicina ad esiti del Suprematismo.

Ed è in tal modo che l’infinito viene intrappolato da Margherita Caliendo, la quale ne fa dono all’osservatore e, allora, poco importerà di quali elementi compongono il quadro, di quale sia l’interpretazione preliminare, infattiessa lascerà spazio ad una diversa e più profonda identificazione artistica, costituita da relazioni si ottiche ma, principalmente percettive, attraverso cui creare un linguaggio comune tra gesto maieutico e momento fruitivo

Testo critico a cura dello staff della Galleria Farini

Dalla mostra ARTE A PALAZZO

SECONDO ANNIVERSARIO GALLERIA FARINI CONCEPT

XIV Collettiva internazionale di pittura, scultura e fotografia – BOLOGNA

Torna a Bologna l’artista Margherita Caliendo e lo fa all’insegna del blu, con l’opera Mediterraneo: IL CANTO DELLE BALENE. Proprio in Galleria Farini Concept, la pittrice aveva esposto  lavori che si ispiravano all’oceano e alle profondità del mare.

Il linguaggio che definisce questo filone produttivo, può definirsi vicino alla corrente e alle istanze dell’Informale secondo una varietà per la quale il titolo reca a chi fruisce l’opera, le informazioni necessarie oltre le quali deve, invece, spingersi la volontà interpretativa, scevra da imposizioni. Le scelte della pittura informale risiedono proprio in ciò, ossia lasciare che la superficie dipinta faccia emergere qualcosa di più profondo, sotteso ad una mimesi tout court. Non è importante, in tal caso, che vi sia un riferimento immediato e tangibile, oltre che riconoscibile. Osservando le opere afferenti a queste scelte, è il rimando alla natura, in arte, che è cambiato e non si affida più ad una realistica registrazione di dati oggettivi. E ’anche l’inconscio a prendere parte alla narrazione e a darne visiva corrispondenza.

Mediterraneo: Il canto delle balene si offre ai nostri occhi come una tela su cui una grande campitura nei toni del blu, del viola e delle loro sfumature, riempie il supporto e lascia immaginare le profondità del Mare Nostrum. Un mare che in questi ultimi anni è simbolo di morte, ma anche di speranza, di futuro per tutti coloro i quali lo attraversano, in attesa che qualcosa muti, migliori. Un mare che è rinascita e sembra che “il canto delle balene” sia lì a festeggiare. No, non vediamo cetacei, non vediamo onde, vediamo, tuttavia, la profondità entro la quale la pittrice si è come calata, e chiede di fare altrettanto agli spettatori.

Le scomposizioni che il tratto grafico, apposto sul colore, crea, sono in grado di dar luogo a differenti piani sequenziali che si traducono in molteplicità di visione e analisi, scandendo una nuova oggettività, lontana dall’idea che ognuno di noi ha del mediterraneo. Leggendo il titolo dell’opera, inconsciamente, ci si aspetterebbe altro dalla tela, un’immagine narrativa, uno scorcio poetico e romantico. Al contrario, la Caliendo stupisce, supera l’ostacolo della rappresentazione mimetica e del rapporto significato-significante; il pigmento, in un certo qual modo graffito, steso sulla tela e poi ricoperto, in parte da fili metallici, mostra la ricchezza della materia, entro cui può annidarsi una speculativa e ampia nuova verità.

La metafora, il linguaggio simbolico, le loro funzioni, sono qui esasperate: non c’è un appiglio formale a cui aggrapparsi, tutto è nel “pensiero” diretto al mondo sensibile; tutto è nelle mani di chi osserva il quadro e ne comprende le più intime riflessioni. Non possiamo distinguere, nettamente, all’interno del linguaggio di Margherita Caliendo, la finalità conoscitiva da quella comunicativa e, all’interno di quest’ultima, quella che si potrebbe definire informativa, dalle altre finalità di comunicazione, come, ad esempio, l’influire sulle scelte e sul momento fruitivo, sul suscitare un certo tipo di reazione; pertanto, il livello di comunicazione interpersonale, prenderà la strada dell’empatia, del rapporto tra inconsci, alla ricerca di un elemento di raccordo.

La Natura, la sua immensità sono l’alfa e l’omega entro cui tutto il percorso speculativo va attuato, dal momento dell’intuizione e della creazione, sino a quello della fruizione, laddove percezione, identificazione ideale e interpretazione avranno la libertà di esprimersi, scevre da ogni intrico compositivo

Testo critico a cura dello staff della Galleria Farini

Dalla mostra ARTE A PALAZZO – DINAMICHE DEL CONTEMPORANEO

XV Collettiva Internazionale di pittura, scultura e fotografia – BOLOGNA

Sai cosa è bello qui? Guardare: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un’orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. E’ come se non fosse mai passato nessuno. E come se noi non fossimo mai esistiti.

Se c’è un luogo, al mondo, in cui puoi pensare di essere nel nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. E’ tempo. Il Tempo che passa. e basta.”                               (Alessandro Baricco)

 

Con un passo di Oceano mare ho ripensato all’opera di Margherita Caliendo, intitolata Mediterraneo: VENEZIA.

L’artista si rivolge al Mare Nostrum, e ne fa il protagonista da cui far partire la propra ricerca.

Sempre interessante è la visione che la Caliendo offre, una nostalgica trattazione non dell’imago maris, quanto, piuttosto, una geometrizzante partitura che anima il supporto, alla maniera dell’astrazione geometrica, su cui interviene materia altra, in foggia di assemblaggio. Qualcosa d’altro è cio che emerge, metaforicamente. L’artista non pone l’osservatore dinanzi ad una marina, non v’è richiamo architettonico che rimandi a Venezia, nulla che porti alla memoria il grande vedutismo che ha fatto la fortuna della laguna. Solo i fili che imbrigliano parte della composizione paiono rivestirsi di un significato differente che, tuttavia, resta legato all’universo dell’emblema.

La Natura, così come l’immaginario e la realtà ce la pongono, non è riportata tal quale da Margherita Caliendo, essa è, piuttosto, tradotta, secondo riferimenti non tangibili ma evocativi, sostanziati da una visione inconscia, tendenzialmente onirica e fondamentalmente celata in sottese dimensioni. E’ forse una questione di prospettiva Sì. Di certo non c’è farsa, non c’è alienazione del dato oggettivo e la definizione spaziale non tenta un immediato riconoscimento condiviso. Certamente, ciò che è tangibile è una sorta di sentimento e dimensione nostalgica, che distrae dal geometrismo dipinto e vira verso un percorso intimo e personale di ogni fruitore che prende, naturalmente, avvio, da quello primigenio compiuto dall’artista. Tra le pennellate, nella diarchia di toni chiari e scuri, si racchiude qualcosa di profondamente drammatico, intenso dal punto di vista di pathos.

Una ricostruzione dell’universo mondano che, se in principio perturba, per la sua non riconducibilità, che pone lo spettatore alla ricerca di un equilibrio formale e semiotico tra il titolo e ciò che vede, mentre il segno del pennello sembra scardinare le sovrastrutture del già noto, ecco che il Mediterraneo e Venezia assumono sembianze in foggia di visione interiore e di metafora, linguaggio prediletto, non in maniera accademica, ma in modo esasperato dall’artista. Nella mancata distinzione oggettiva si racchiude la chiave di un varco profondamente soggettivo e reazionario, cui tutti sono invitati ad accedere.

E resta la stessa certezza che ebbe Jacques Cousteau:

“Il mare, una volta lanciato il suo incantesimo, ti terrà per sempre nella sua aura di meraviglia”.

Senza necessità di dire altro.

Testo critico a cura dello staff della Galleria Farini

Dalla mostra mini-personale LE DONNE NELL’ARTE- TORINO

E’ una pittura, quella dell’artista Margherita Caliendo, di raro linguaggio emotivo e di particolare realtà esistenziale che indirizza il fruitore verso una lettura profonda, capace di penetrare nell’animo perché, oltre ad essere altamente contenutistica, è in grado di toccare le coscienze di ognuno di noi.

Le sue opere, fortemente intimistiche, narrano un’espressività piena di vita, di sofferenza e di meditazione per un’appassionata e continua indagine umanistica, sempre ricca di valori e di palpitante sentimento. La serie intitolata ANGELI , estremamente suggestiva e di preziosa dimensione spirituale, affronta la ricerca sull’animo umano con una sensibilità rara, in cui vengono evocati vari aspetti morali, sociali e psicologici che l’artista esalta con ricorrenti emozioni e con un’intensa vitalità dell’immagine. Il colore morbido, dai toni cromatici delicati, evidenzia una tessitura calda  di luci e di ombre armoniose che rivela un equilibro formale di vera sostanza costruttiva e di notevole esperienza della tecnica ad olio su tela. Dare voce agli ANGELI con la loro inesauribile potenza di sensazioni, conferisce all’opera un ruolo fondamentale

che è quello di un colloquio continuo, avvolto dalla purezza e da un commovente amore per la libertà.

La pittura dell’artista Margherita Caliendo è un notevole strumento rappresentativo di grande umanità e di forza comunicativa che apre un discorso coinvolgente di indubbia riflessiva sull’universo

Dr.ssa  Monia Malinpens

Dalla mostra personale: LA SEDUZIONE DEL SEGNO – MILANO

Un racconto d’arte, un segno, una grande verità, quella della percezione. L’equivalenza, tra il segno e la seduzione . Un allestimento originale per la scelta dei punti di vista, ne esalta la forma quale può essere rappresentata ed espressa in tutte le opere. L’artista nella ricerca del Segno ha mantenuto costante la sua preparazione artistica nella precisione, ma sviluppando nei colori la sua grande passionalità e sentimento.

Curatrice: E. Franceschini